23 marzo 2016

La Famiglia Mirafiori e l’ora legale (o del perché è meglio avere l’orologio digitale)

Il divertente e un po’ surreale episodio che sto per raccontare accadde tanti anni fa, eppure mi viene sempre da ridere quando ci ripenso in momenti come questo, in cui ci si appresta al passaggio all’ora legale.
Ai tempi, i ritmi mattutini di casa Mira erano scanditi e organizzati dalla sveglia di mio padre che era il più mattiniero, poi, prima di uscire svegliava mia madre e io che andavo a scuola mi preparavo per ultima. Cosa andò storto quel lunedì mattina nel rodato meccanismo familiare non lo so esattamente, la sostanza fu che eravamo tutti in ritardo di un’ora e nessuno se ne accorse. Per quanto mi riguarda, ricordo che controllavo l’ora, o meglio il rassicurante scorrere della lancetta dei minuti – e sottolineo dei minuti - sul quadrante dell’orologio appeso in cucina, procedendo con l’abituale lentezza nei preparativi.

La sera a cena ci fu il resoconto delle rispettive giornate: la meno divertente fu quella di mia mamma che arrivò al lavoro con un’ora di ritardo, ma siccome era sola, nessuno le disse nulla, uscì un’ora dopo e fine della storia.
Mio papà dopo aver timbrato il biglietto dell’autobus andò a protestare con l’autista perché secondo lui la macchinetta obliteratrice non segnava l’ora giusta. Il conducente controllò l’orologio da polso e confermò che, in effetti, era indietro di due minuti. Due minuti? Non un’ora? Piano piano si fece strada in lui l’idea di aver preso una cantonata, la sensazione fu avvalorata dall’insolito affollamento di studenti e diventò certezza quando la bollatrice dello stabilimento confermò che aveva un ritardo da giustificare.
Ovviamente la mattinata più demenziale fu la mia, e ovviamente feci di tutto per peggiorare la situazione ostinandomi a non vedere i segni che avrebbero dovuto farmi evitare di trasformare un errore in una figura di merda.

6 marzo 2016

Buchi nell'acqua



Un amico, per prendermi in giro, mi chiama “le-so-tutte” identificandomi con l’improbabile personaggio di Zelig, ma ciò non è per niente vero dato che sono molte le cose che non so. Ad esempio, fino a un paio di settimane fa, non ero a conoscenza del fatto che saremmo stati chiamati per una consultazione referendaria su un tema di grande importanza ambientale: le trivellazioni in mare, al largo delle coste italiane, per l’estrazione di idrocarburi. [qui un articolo]

Non è di grande consolazione poter dire che non lo sapevo perché la notizia non sta avendo grande visibilità, ma ciò che davvero mi rattrista è che il referendum non si svolgerà in contemporanea con le elezioni amministrative di giugno, bensì il 17 aprile… praticamente domani. Questo significherà spendere un sacco di soldi per organizzare due consultazioni a distanza di poche settimane (alla faccia della cosiddetta spending review) e comporterà avere tempi ristrettissimi per la campagna informativa da parte dei promotori del referendum, che per la cronaca sono nove Consigli Regionali. [qui un articolo]

Mi sembra l’ennesimo caso in cui si cerca di far passare in sordina un referendum con l’intento di non raggiungere il quorum, quindi invito tutti a informarsi, diffondere la notizia il più possibile e ovviamente ad andare a votare affinché questa consultazione son sia un buco nell’acqua… di mare. [campagna informativa di Greenpeace]



Un paio di aggiornamenti su altri referendum al momento esclusi:


 

2 marzo 2016

Non c’è più la Svizzera di una volta



Ho letto da un vicino di blog che recentemente in Canton Ticino si è svolto un referendum per l’ampliamento dell’orario di apertura dei negozi.
Ho ripensato agli inizi degli anni ’90, quando andavo spesso a Lugano a trovare un amico e fare indigestione di cioccolato (no, non esportavo capitali) e mi sono tornate alla mente alcune abitudini locali che ai tempi mi erano sembrate stravaganti:



  • Gli svizzeri spegnevano il motore dell’auto quando il semaforo diventava rosso, invece di accelerare per passare.
  • Nei supermercati tutti si pesavano e prezzavano da sé frutta e verdura, senza fare la cresta sul peso dei vari pomodori e zucchine. Io mi stupivo molto, ma capirai, ero abituata al supermercato vicino a casa mia (a Mirafiori) che esponeva un cartello in cui si ricordava che ritagliare i punti dalle confezioni costituiva reato.
  • I negozi chiudevano alle 18 ed era come se il centro rimanesse deserto ad un orario che consideravo pomeridiano.
  • E sempre in tema di orari, come dimenticare quel capodanno in una discoteca semivuota nel centro di Lugano? Non è che Torino sia mai stata Las Vegas, ma già a quei tempi si poteva tirare tardi al pub o nelle discoteche; lì invece, poco dopo il brindisi di mezzanotte stavano già preparando per la chiusura, sottolineando che giusto perché era una serata di festa, il locale rimaneva aperto ben fino all’una!



Insomma, sorrido ripensando a questi episodi e alle piccole differenze di comportamento per cui con il mio amico ticinese ci prendevamo reciprocamente in giro. Adesso siamo sempre più globalizzati, le abitudini cambiano nostro malgrado e le città finiscono per assomigliarsi tutte, con gli stessi negozi nel centro e le stesse insegne accese tutta la notte.



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Leggi anche:


scritte sui muri  a Lugano

(link-fai-da-te by Mira Queen)