Questo divertente episodio ebbe luogo oltre dieci anni fa e visto il
tempo trascorso e la figura da babbalona che feci sarebbe bene che chiudessi
qui il racconto, ma dato che ho il gusto dell’autoironia e soprattutto ogni
volta che ci ripenso mi viene da ridere, ve lo racconto.
La vicenda si svolse - come già detto - una decina di anni fa in una
giornata lavorativa di agosto; a quei tempi nel mio settore ma in un ufficio diverso lavorava il simpaticissimo PV noto per la battuta sagace e lo
scherzo sempre pronto… purtroppo per me non lo conoscevo ancora molto bene.
Ad agosto in genere c’è poco da fare e si finisce per dedicarsi a quei
lavori di "riordino" o altre seccature simili che durante l’anno non si ha tempo
di fare; io mi stavo quindi tranquillamente barcamenando in queste attività a
basso contenuto intellettuale quando il mio capo decise di
affibbiarmi un lavoro impegnativo e ovviamente urgente che forse stava tenendo
in serbo per me da gennaio. In quello stesso giorno PV mi individuò come vittima per uno scherzo.
Tutta presa dal lavoro appena appioppatomi risposi al telefono e il mio
interlocutore – tale professor Ottolenghi di non ricordo quale scuola di quale
sperduto paese – iniziò a chiedermi in maniera molto pressante un libro che
assolutamente gli serviva e che doveva essere la trascrizione degli atti di un
convegno sulla Comunità Europea tenutosi all’inzio degli anni ’80 e via
dicendo. Ovviamente non ne sapevo nulla e cortesemente cercai di dirottarlo
verso la biblioteca o di passargli il mio capo (tanto per ripagarlo con una
rogna) ma niente da fare, l’Ottolenghi insisteva ripetendo di essere sicuro che
una copia del libro dovesse essere disponibile nel mio settore e mi consigliò
di chiedere informazioni nell’ufficio dove lavorava PV. Poi mi diede un
perentorio appuntamento telefonico per il mattino successivo alle 8.15
(credendo forse di farmi dispetto, ma tanto io arrivavo sempre alle 8) e mi
lasciò il suo numero di telefono.
Vista tanta insistenza mi misi alla ricerca di questo maledetto volume,
ma non mi rivolsi né a PV (che effettivamente non doveva avere nulla a che fare
con esso) né al mio capo, ma andai direttamente dal Direttore che per la
cronaca era anche direttore di PV. Fu subito colto dalla febbrile e isterica
agitazione per cui va tutt’ora noto e si mise personalmente a spulciare tutti
gli armadi fino a quando trovò il libro in questione e me lo consegnò perché
potessi avvisare il professore.
Tutto questo bailamme ovviamente non passò inosservato a PV (anzi mi
sembra di vederlo ridere sotto i baffetti da sparviero) e dopo qualche ora
venne con aria indifferente nel mio ufficio e iniziò a fare conversazione.
Io mi ero di nuovo immersa nel lavoro che avevo interrotto e brontolando
tra me e me “alla faccia dell’agosto tranquillo” e “oggi è la giornata delle
rogne, adesso questo cosa vuole?” rispondevo a monosillabi al collega che forse
un po’ deluso mi indirizzò verso la soluzione dello scherzo.
PV: ah, vedo che hai trovato il libro che cercava il professor
Ottolenghi…
IO (per nulla stupita pensando che il direttore avesse cercato anche nel
suo ufficio): sì, dovrebbe venire a ritirarlo ma non risponde mai al telefono
PV (prende dalla mia scrivania il bigliettino su cui avevo preso nota
del numero e legge ad alta voce): oh ma guarda, il numero di telefono è uguale
a quello di casa mia
IO: che ci fa il professor Ottolenghi a casa tua?
Nooo, avevo davvero detto una simile idiozia? Sarei voluta sprofondare
mentre PV mi guardava basito non sapendo più se aveva a che fare con una idiota
totale o con una che tentava di ribaltare lo scherzo.
Per un paio di giorni ci evitammo prudentemente, poi iniziammo a
sdrammatizzare ridendo insieme della cosa e diventammo amici nonché un
formidabile team per fare scherzi ad altri malcapitati.
Adesso PV - che da allora ha assunto lo pseudonimo de Il Professor
Ottolenghi - lavora altrove e un po’ mi manca ma non gli perdonerò mai di
avermi detto che non mi avrebbe più fatto scherzi perché era come picchiare un
bambino che fa la cacca… questo è francamente troppo!
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