Non so se questo genere di
pensieri capiti a tutti, ma a volte mi trovo a riflettere su come sarebbe
andata la mia vita se avessi compiuto scelte diverse o si fossero verificate
altre coincidenze e condizioni rispetto a quelle che mi sono capitate (non
dipendenti da me).
Ad esempio se fossi vissuta in
un’altra città o anche solo in un altro quartiere, se avessi avuto nonni e
cugini vicini o, al contrario, ancora più lontani e non li avessi quasi
conosciuti, se avessi cambiato città o Paese di residenza… e cose del genere.
In particolare questi pensieri li associo alla mia “carriera” scolastica perché
so di non aver scelto il tipo di studi che faceva per me, però alcune amicizie
e frequentazioni fondamentali della mia vita hanno avuto lontane radici nel mio
vissuto scolastico.
La cosa più semplice da dire
(oltre ovviamente ad evitare di porsi simili interrogativi) potrebbe essere che “se era
destino, certe persone le avrei incontrate e in determinate situazioni mi sarei
trovata comunque” ma io non credo molto al destino, nel senso di percorso
predeterminato (da chi poi?), penso piuttosto che l’indole, l’essenza di un
individuo porti più o meno consapevolmente sempre verso una direzione. Se le
persone hanno un’affinità, prima o poi si incontrano e si riconoscono per una
sorta di selezione naturale e sia che si cresca insieme, sia che ci si incontri
per caso bastano uno sguardo o una parola per rivelare l’empatia: i migliori
amici non sono forse quelli che capiscono cosa intendete ancora prima che lo
diciate? Quando si perdono i contatti si dice che sono stati “i fatti della
vita” ad allontanarci, ma in realtà è perché quella affinità che ci legava si è
esaurita.
Racconto un paio di episodi buffi
per rendere l’esempio di come, a volte, da un fatto banale nasca un’amicizia.
N. 1 Stampelle
Alcuni anni fa arrivò in ufficio
una giovane collega neoassunta, vestita di nero ma tutt’altro che formale e
subito pensai “questa è dei nostri” perché anch’io mi ero presentata il
primo giorno di lavoro con un simile look, poi notai che si appoggiava a una
stampella e ciò mi fece ridere. Pochi giorni dopo le spiegai il perchè e le raccontai di una serata in cui, nel corso di un gioco, io disegnavo e i miei amici, cercando di indovinare, spararono spropositi di ogni genere fino a che, alla parola "stampella" non riuscii più a contenere le risate ed esplosi in una crisi di riso da convulsioni. Poi le dissi anche che
da allora quella parola mi faceva ridere persino in situazioni serie. (per
fortuna lei non aveva niente di grave)
Invece di prendermi per pazza mi
prese in simpatia e diventammo amiche.
N. 2 Lamette
Tanti anni fa mi capitò di andare in
discoteca con gli amici in una serata in cui avevo l'umore particolarmente nero (capitava spesso); stavo rimuginando sui fatti miei mentre gli altri della
compagnia si divertivano, quando il dj che animava il locale annunciò con
enfasi ed eccessivo entusiasmo che a breve ci sarebbe stata “una grande
sorpresa”. Accanto a me sedeva evidentemente altrettanto assorto in pensieri cupi il ragazzo (forse già ex) di una mia amica – tipo con cui non ero
particolarmente in confidenza - il quale si girò verso di me e mestamente disse: “sì,
la distribuzione delle lamette”. Quella frase rivelò una persona che non conoscevo ma che si trovava in sintonia con me e iniziammo una lunga conversazione
sulle nostre reciproche disavventure sentimentali ed esistenziali che ci fece
diventare amici.
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Leggi anche:
Figli della New Wave
La seconda settimana di scuola
Vecchi scritti e aforismi
(link-fai-da-te by Mira Queen)
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Mi chiedo spesso da dove giungano certi nostri modi di dire. Questo era uno di quelli. Mi restano dubbi a proposito del tizio...
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